TRIBUNA LIBERA
UNA MERIDIANA FORMATO PIAZZA GRANDE
ROLANDO ULMI *
Parto dal 1989, anno dell’esposizione al pubblico dei progetti per la sistemazione di Largo Zorzi/Piazza Grande Locarno. Ha vinto giustamente il progetto dell’architetto Snozzi, che, a differenza di tutti gli altri partecipanti, ha riconsegnato la planimetria dell’intera area con un minimo di linee di penna, quasi vergine, accompagnata però da chiare linee concettuali: le linee tracciate sulla mappa indicavano il limite della piazza pedonale e nel contempo la strada d’accesso, dall’incrocio del Debarcadero alla Posta, strada riservata ai mezzi pubblici (in qualche modo zona di «sbarco» e «imbarco »). Il resto – l’intera area di Largo Zorzi e Piazza Grande – era rigorosamente pedonale (nessun attraversamento, neanche per imboccare vie delle Monache), libera e vuota, e senza nessun accenno ad un pavimento decorativo e ad arredo urbano. Gli altri invece – me compreso – fecero esibizione di ogni tipo di proposte, tra cui anche estrose, fantascientifiche e bizzarre, per «abbellire» e «arredare » la piazza e «decorarne» il pavimento, come se una piazza non dovesse limitarsi ad essere una piazza, una piazza, una piazza… nient’altro che una piazza. E penso sempre alla stupenda piazza, dal lago alla Motta, che fu al tempo del Leucht e della sua veduta: una piazza definita dalle case e dagli alberi ai lati, e dal gioco della luce e delle ombre. Vuota, vuota, vuota… per dirla con Livio Vacchini. Passato il concorso, anche Snozzi, dovendo rielaborare il progetto, si era messo ad «abbellire », «arredare» e «decorare»: dal suo meritato primo premio è sceso al nostro livello e ha prodotto quello che da allora è comunemente chiamato «progetto Snozzi». D’accordo, volendo seguire la lezione del pavimento esistente, composto di ciottoli e strisce carraie di granito (modello che è esemplarmente rappresentato dalla piazza di Vigevano), alcuni partecipanti al concorso – e s uccessivamente anche Snozzi – hanno pensato di lavorare con questi due elementi, in chiave moderna, per prendere due piccioni con una fava: 1. creare passaggi comodi intercalati all’acciottolato e 2. decorare il pavimento con un piacevole disegno (io per esempio avevo tentato con una rete romboidale che mettesse d’accordo le varie direzioni della complessa configurazione planimetrica della piazza); Snozzi, nella rielaborazione, aveva scelto passaggi perpendicolari rispetto alle due direzioni principali delle due piazze, risolvendo il conflitto che nasceva nella zona d’incontro, mediante un grande palco rotondo davanti al Municipio, con cui interrompere lo scontro delle due direzioni.
Dopo molti tentativi, cominciati vent’anni fa, di inserire un gioco di linee geometriche in una superficie estremamente irregolare e restia come quella di Piazza Grande, ecco finalmente una soluzione convincente: le linee della meridiana disegnate nel fotomontaggio (vedi CdT del 13 febbraio); questa piazza di forma anomala (né rettangolare, né altrimenti geo-metricamente definibile) sembra fatta apposta per questa meridiana. È come se non fossero stati il lago prima e la Maggia poi a dare la forma a questa piazza, ma come se un antico «progettista» avesse usato come matrice occulta il reticolato di una grande meridiana, questa meridiana. Merito di Armando Good di averlo messo in luce (nella luce del sole, appunto). Il risultato è perfetto (le linee trasversali, se inserite in fasce di granito, rispondono anche all’esigenza di camminamenti pedonali).
* Architetto, Minusio
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